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18/02/2013 Paolo Virtuani Corriere della Sera

SONO 850 GLI IMPIANTI DI BIOGAS PRESENTI NEL NOSTRO PAESE

Il potenziale del metano prodotto con le rinnovabili arriva a 5,6 miliardi di metri cubi all'anno

In Italia a fine 2012 erano in funzione 850 impianti di produzione di biogas che complessivamente hanno una potenzialità di 5,6 miliardi di metri cubi all’anno, pari al 50% della produzione nazionale di gas dal sottosuolo. Estrarre gas «fossile» è molto costoso e, soprattutto, ha un forte impatto ambientale. La filiera italiana del biogas ha realizzato un fatturato di 2,5 miliardi di euro, per il 70% realizzato da aziende italiane. Bastano questi pochi numeri per capire la potenzialità del biometano (che è il biogas raffinato, al quale vengono tolti CO2, idrogeno solforato, ammoniaca e acqua) e la sua importanza per rientrare nei parametri imposti dal trattato europeo 20-20-20. E, particolare di non secondaria importanza di questi tempi, contribuire al rilancio dell’agricoltura nazionale, un settore in profonda crisi.

SVILUPPO - I dati sono stati esposti dall’Osservatorio agroenergia 2013, commissionato da EnergEtica e realizzato in collaborazione con Althesys. Secondo le stime dello studio, il biometano italiano ha ancora grandi possibilità di sviluppo, e può arrivare a coprire nel 2020 dal 5% al 10% del consumo lordo di energia, a seconda degli scenari di crescita. Inoltre l’Italia possiede il più vasto parco automobilistico a metano del mondo (2% delle vetture circolanti) e una capillare rete di distribuzione. Certo, poi quando si parla di costi di produzione, si ritorna sulla Terra e al momento i costi del biometano non sono competitivi con quelli del metano ricavato dal sottosuolo. E nemmeno nessuno ipotizza che il biometano renderà l’Italia indipendente dalle importazioni di gas.

COSTI – Ma in alcuni casi il biometano è già competitivo. Per esempio, come combustibile per veicoli il prezzo è già concorrenziale con quello praticato ai distributori. L’applicazione più vantaggiosa in questo momento - anche senza incentivazione - sono impianti a biometano di piccola taglia che utilizzano la cosiddetta Forsu, cioè la frazione organica dei rifiuti solidi urbani (in parole povere «l’umido»). Con il gas prodotto si alimentano i veicoli della raccolta dei rifiuti urbani chiudendo il cerchio. Mentre il biogas (che contiene impurità) è più vincolato al luogo di produzione (che infatti viene in gran parte utilizzato per la cogenerazione), il biometano può anche essere immesso nella rete del metano che arriva nelle abitazioni.

EMISSIONI - Nel settore dei trasporti, se allo stato attuale l’utilizzo di un’auto a metano consente un risparmio di emissioni del 21% rispetto al gasolio e del 24% rispetto alla benzina, in futuro una miscela con il 20% di biometano potrebbe consentire un’ulteriore riduzione del 19%. Alimentato al 100% con biometano, un veicolo emette 5 grammi di CO2 equivalente al chilometro. «Il biometano può contribuire alla strategia energetica nazionale», spiega Alessandro Marangoni, direttore scientifico dell’Osservatorio agroenergia. «Il biometano riduce il rischio insito nell’approviggionamento energetico dall’estero, un rischio al quale l’Italia è esposta, come dimostra anche la recente crisi algerina con la presa di ostaggi da parte di Al Qaeda in un pozzo del deserto».

Metano: il 50% della produzione italiana può venire dal bio
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  Ecco perché lo Studio Tecnico bt si propone come riferimento anche per la progettazione e l’installazione di impianti solari termici e fotovoltaici, mini impianti idroelettrici, analisi termografiche, certificazioni ener-getiche, avvalendosi della collaborazione di professio-nisti che accompagnano l’esperienza a una mai scon-tata serietà.
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